Storytelling: l’arte di raccontare storie
5 Giugno 2017

Home > Storytelling: l’arte di raccontare storie
Lo storytelling è l’arte di raccontare storie. Sicuramente hai sentito spesso questo termine perché viene usato in molti campi diversi e non solo in campo strettamente editoriale.
Ascolta questo episodio in Podcast su iTunes o Spreaker
Vediamo dunque in cosa consiste lo storytelling e quali sono le regole da seguire per raccontare una storia che funziona.
Se questo video ti è utile, regalami un like: il tuo piccolo gesto mi farà felice!
Lo storytelling è ovunque
Se sei un formatore raccontare la storia giusta al momento giusto può essere utile per mantenere viva l’attenzione del tuo uditorio; se sei un esperto e vuoi scrivere un manuale, sicuramente disseminare la trattazione con qualche storia ben calibrata qua e là può convincere i tuoi lettori che ciò che tu proponi fa proprio al caso loro; se sei un marketer o un pubblicitario, raccontare storie serve per rendere più credibile il tuo prodotto e avvicinarlo all’esperienza dei tuoi clienti; infine, se scrivi narrativa, a maggior ragione, la capacità di raccontare storie è l’elemento che collega la struttura, la trama e lo stile.
Come vedi dunque lo storytelling è ovunque perché in ogni contesto può essere necessario raccontare una storia: per spiegare, per persuadere, per divertire, per svagare, per ispirare.
Se stai scrivendo un libro di narrativa, lo storytelling diventa però sostanziale, perché non si tratta di inserire qualche storia qua e là: tutto il tuo libro è una storia.
Lo storytelling è l’arte di far girare pagina
Per chi scrive racconti o romanzi, lo scopo non è dunque solo quello di raccontare una storia in forma di narrazione, ma di raccontarla in un modo sufficientemente convincente e intrigante da invogliare il lettore a girare pagina.
In fondo è tutto qui.
Saper raccontare una storia significa attirare l’attenzione del lettore e fargli venire voglia di girare pagina per scoprire cosa succede dopo.
Lo storytelling è l’arte di far girare pagina.
Lo storytelling è l’arte di far girare pagina.
Nel film Training Day l’esperto agente di polizia Harris (interpretato da Denzel Washington), mentre è seduto al bar a fare colazione con il giovane collega Jake (interpretato da Ethan Hawke), gli chiede a bruciapelo: «Raccontami una storia.»
E Jake in pochi secondi deve raccontare qualcosa.
Con il tuo lettore è la stessa cosa. Quando lui prende in mano il tuo libro è come se si sedesse al tuo tavolo e ti chiedesse: «Raccontami una storia.».
Se gli piace ciò che racconti e come lo racconti, allora continua a seguirti, altrimenti ti molla.
Come imparare a raccontare storie
Già, perché raccontare storie non è così facile. Soprattutto se una “storia” deve durare decine o centinaia di pagine.
Certamente è importante sapere cosa dire, impostando una trama e definendo i personaggi, ma sapere cosa dire non basta se non poi non sai come dirlo.
È come raccontare le barzellette: la storiella la sanno tutti, ma solo in pochi la sanno raccontare.
Ma allora, come si fa?
Innanzitutto per imparare a raccontare storie bisogna imparare ad ascoltare.
Per imparare a raccontare storie bisogna imparare ad ascoltare.
Per imparare a raccontare storie bisogna imparare ad ascoltare.
Le storie ci circondano: ascoltiamo storie a cena con gli amici, in ufficio tra colleghi, sui mezzi pubblici, in fila alla cassa del supermercato, e poi in tv o al cinema.
Ascolta quindi con attenzione, ruba idee e spunti di vita da tutto ciò che ti circonda.
Prestando attenzione alle storie che senti, a poco a poco ti renderai conto che molti schemi si ripetono uguali, che in fondo le trame sono simili, anche se declinate in mille sfumature. Ti accorgerai poi di chi sa raccontare una storia e mantenere viva l’attenzione di chi sta ascoltando, e di chi invece si perde nel racconto, annoiando il suo interlocutore.
Lo scopo, come puoi ben capire, non è farti i fatti degli altri, ma capire come è organizzata una storia e cosa funziona e cosa no nel suo racconto, per migliorare la tua capacità narrativa.
I 7 principi dello storytelling
Dopo aver stabilito qual è la storia che vuoi raccontare, segui questi 7 principi per creare uno storytelling efficace.
#1 Consapevolezza
Un bravo storyteller sa dove sta andando, cosa sta raccontando e perché.
Sarà capitato anche a te di avere a che fare con un amico che ti raconta sempre un mucchio di storie, e divaga, divaga, divaga, fino a quando si riprende, come risvegliandosi da un sogno e candidamente ti dice: «Non so perché te lo sto raccontando», oppure «Dov’ero? Mi sono perso!».
Il tuo amico chiacchierone può anche perdersi, ma tu nel tuo libro no. Non puoi certo arrivare a pagina 143 e dire ai lettori: «Oh, scusate, non so perché vi sto raccontando queste cose… Torniamo indietro!»
Se lo fai torni indietro da solo, nel senso che i lettori ti hanno mollato.
Sii dunque consapevole: ogni storia che racconti deve avere un perché. Cosa vuoi comunicare raccontando questa storia? Che messaggio o che emozione vuoi trasmettere? Oppure, dove porta ai fini della costruzione della trama?
Questo discorso vale sia per la storia principale che stai raccontando, sia soprattutto per tutte le sotto-storie che riempiono la trama del tuo libro. Se inserisci un nuovo elemento o una nuova storia nel tuo racconto tu devi sapere esattamente perché la inserisci e dove ti porta.
Devi sapere dove stai andando perché sei tu che guidi. Se tu non sai dove stai andando, non perderai solo la strada, ma perderai anche il lettore, che smetterà di seguirti.
#2 Logica
Ogni elemento in una storia deve essere causato da ciò che lo precede.
Il nesso logico di causa-effetto è tanto semplice quanto sottovalutato.
Se un lettore è spinto, anche solo per un momento, a chiedersi perché accade o non accade qualcosa, perché un personaggio si comporta così e non colà, significa che non c’è stata sufficiente consequenzialità logica nelle scene.
Ma se il lettore si fa domande sulla logica del racconto questo significa che è uscito dalla finzione narrativa, si è staccato dai personaggi e si è scollegato dal testo. Non è più immerso dentro la storia, bensì la osserva da fuori per capirne il senso.
Sii dunque logico e assicurati che ogni scena trovi nella precedente le sue ragioni.
#3 Coerenza
Una storia può contenere azioni o elementi impossibili nella realtà, ma essi devono essere coerenti con il contesto in cui sono inseriti, altrimenti la storia non sarà credibile.
Tutto ciò che una storia contiene deve infatti essere coerente con il patto narrativo iniziale.
Chi legge una storia si predispone a credere a ciò che in essa viene narrato, anche se lontano dalla propria esperienza o se ha elementi fantastici e soprannaturali. Si tratta di una sorta di beneficio del dubbio che il lettore concede al testo, chiamata in termine tecnico sospensione dell’incredulità.
È come se il lettore facesse implicitamente un patto con il testo, dicendogli «Va be’, ti credo, vediamo dove mi porti».
Se non vuoi perdere questa fiducia che il lettore sta dando al tuo testo, tu devi però offrirgli una storia coerente: se per esempio racconti un giallo ambientato nell’Ottocento, non potrai risolvere il caso con l’analisi del dna; se il tuo protagonista è un ragazzo di strada, non potrai farlo esprimere come un accademico paludato; se la tua eroina è in volo nello spazio, i suoi capelli non possono scendere fluenti sulle sue spalle.
Il lettore vuole immergersi nella tua storia come in un sogno: elementi incoerenti che non trovano spiegazione nella storia stessa sono scossoni che rischiano di svegliare il lettore dal suo sogno letterario.
#4 Concentrazione
Scrivi solo ciò che serve. Se un dettaglio o una scena non sono funzionali al tuo scopo principale, lascia stare, non inserirli.
Mantieni dunque la concentrazione tua e del lettore sulla storia e conducila con sicurezza.
Questo non significa che tutto il tuo libro deve essere asciutto e lineare. Puoi inserire anticipazioni, supposizioni, false piste, suspense, flashback, cambi di prospettiva e di punti di vista, altri artifici narrativi, ma solo se hanno un senso per la storia principale che stai raccontando, non certo per puro virtuosismo narrativo.
#5 Dettaglio
Così come tu, in qualità di scrittore, devi mantenere la concentrazione e non perderti in inutili deviazioni “fuori pista”, analogamente devi fare in modo che l’attenzione del lettore rimanga viva.
E questo è possibile grazie all’inserimento di dettagli precisi.
Arricchisci dunque la tua storia con dettagli precisi, usa aggettivi pertinenti, descrivi ambienti, personaggi e situazioni con attenzione al particolare.
Non ti accontentare di espressioni generiche o non descrivere in modo sommario: meglio pochi tocchi particolari che danno subito vividezza all’immagine che si crea nella mente del lettore.
Se la tua protagonista è una bella ragazza bionda con gli occhi azzurri, la sua descrizione fisica può essere banale e non significativa. Racconta invece qualcosa di particolare, per esempio che ha una piccola cicatrice sopra il sopracciglio destro perché quando era piccola aveva tentato di tagliarsi la frangetta da sola, rischiando di ferirsi gli occhi: colpirai l’attenzione del lettore, che ricorderà fino alla fine del libro questo dettaglio.
Sono i dettagli a fare la differenza tra una storia banale e una che resta impressa.
Attenzione però a non esagerare: pochi dettagli creano curiosità, troppi creano confusione.
#6 Progressione
Al cuore di ogni storia c’è una tensione, un conflitto, un problema da risolvere, un desiderio da realizzare. Una storia che funziona è dunque una storia che mostra lo sviluppo di questa tensione che si fa via via più intensa, fino alla risoluzione finale.
Presentare una situazione iniziale di conflitto e poi non farla crescere è assolutamente inutile. La storia sarebbe noiosa e il lettore la abbandonerebbe.
Se la tensione non viene approfondita o, peggio, viene risolta subito, la storia ha perso il suo scopo.
Cerca dunque di creare una serie di situazioni in progressione, una serie di eventi, cioè, in cui il protagonista si trovi sempre più immerso nella tensione e sembri sempre più lontano (non più vicino) dalla soluzione dei suoi problemi.
Questo sviluppo in crescendo viene definito “arco narrativo”, perché procede per l’appunto attraverso una fase di innalzamento della tensione, seguita da una fase di risoluzione. Non pensare però all’arco come ad una linea morbida e arrotondata. Io ti consiglio di pensare proprio all’arco con cui si tirano le frecce: più allunghi la corda, più lontano andrà la freccia, più crei tensione nella tua storia, più sarà efficace.
#7 Umiltà
Molti autori pensano che la storia che hanno scritto vada bene così, che sia perfetta e che non si possa raccontare in altro modo. Niente di più sbagliato.
Tu non sei il vecchio zio che racconta gli episodi della sua gioventù sempre nello stesso modo, con le stesse parole, che tutti in famiglia ormai sanno a memoria.
Ogni storia può sempre essere raccontata in modi diversi e solo provando e riprovando puoi arrivare alla forma migliore per la tua storia. Se vuoi essere uno scrittore, devi dunque diventare un artigiano della parola che lavora di cesello.
Ascolta i consigli e i suggerimenti che ti vengono dai tuoi lettori e accoglili con umiltà.
Lavora sul tuo testo finché non ti convince, cerca il confronto con altri autori e con nuovi lettori per verificare il risultato del tuo lavoro.
Perché se una storia non sortisce l’effetto desiderato, bisogna cambiare il modo di raccontarla, non il pubblico che l’ascolta.
Che storyteller sei?
Infine, se vuoi divertirti a scoprire qual è il tuo “superpotere nello storytelling”, fai questo semplice quiz:
https://diymfa.com/storytelling-superpower
Ti basta sapere un po’ di inglese per rispondere alle domande del test, svolte per lo più in modo visuale. Scegliendo per immagini i tuoi titoli, ambienti, personaggi preferiti il sistema ti dirà qual è il tuo profilo di narratore, cioè quali storie sei più portato a scrivere.
Io l’ho fatto e il mio profilo è il Sopravvissuto. Il nome non è promettente, ma le sue caratteristiche sono quelle di chi ama raccontare le storie di personaggi volitivi e determinati, disposti a fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere… (alla mia penna? 😉 )
Se ti va di fare il quiz fammi sapere che cosa ne esce. Che storyteller sei?
Rossato Federica
Posted at 00:06h, 29 SettembreCiao Carmen, anch’io ho fatto il quiz ed è uscito il profilo “The Survivor”. Sto tentando di scrivere qualcosa,ma con molto timore di non piacere. Il mio genere preferito è thriller-drammatico. Mi piace l’idea di avere la potenzialità di scrivere qualcosina che “tenga con il fiato sospeso” ma è veramente difficile! O meglio,si può fare ma bisogna leggere e ascoltare, proprio come hai detto benissimo tu nell’articolo. Altri suggerimenti,per favore? È stato un vero piacere risponderti,a presto.
Rossato Federica.
Elisabetta Polacci
Posted at 20:49h, 13 FebbraioHo fatto il test e mi è venuto fuori : SCATENA LA TUA FORZA NARRATIVA.Elisabetta P.
Antonella Giacona
Posted at 17:20h, 24 Maggio“The Underdog”… Il perdente? 😂 questo è il mio risultato. Dice che amo scrivere di personaggi che vogliono cambiare il mondo (non esattamente) o se stessi (questo sì, mi piace molto), e che tutto avviene in epiche battaglie… Questo no, mi piace molto quando i grandi cambiamenti avvengono nelle piccole cose, anche se il fantasy “risolve” spesso le grandi cose nelle grandi battaglie… Nel mio libro infatti i problemi arrivano dopo la grande battaglia che di solito risolve tutto.
Il mio personaggio è abbastanza indisponente, ma… appunto, in questo il test, che appunto è un gioco, ha indovinato. Alice (Sì, si chiama così, questo nome ti perseguita, Carmen😂) esce dal paese delle meraviglie ma il paese delle meraviglie non esce da Alice. È questo il bello, no? Anche dello scrivere storie 😊
marco
Posted at 11:27h, 13 AgostoL’articolo, seppur corto, mi è piaciuto molto, io sto cercando di risolvere il mio problema di “musone taciturno”, esiste un libro che espanda il suo articolo che può consigliarmi per approfondire l’argomento?
Grazie in anticipo