Perché il Self Publishing è (molto) meglio dell’Editoria a Pagamento
13 Settembre 2017

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Pubblicare con un editore a pagamento è stupido. Lo dico senza mezzi termini. Nel mercato attuale, con le potenzialità del Self Publishing, scegliere di pagare un (fantomatico) editore per pubblicare il proprio libro è proprio da sciocchi.
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Pensavo che non servisse nemmeno spiegare il perché, visto quanto già si è detto e scritto in questi ultimi anni sull’editoria a pagamento da parte di voci molto più autorevoli della mia.
E invece tutti i mesi ricevo ancora molte email di autori in cerca di pubblicazione che mi chiedono qual è la differenza tra il Self Publishing e l’Editoria a Pagamento (EAP), che si dicono confusi, oppure che si vantano di avere già pubblicato decine di titoli ma poi si chiedono perché non hanno venduto nemmeno una decina di copie e quando gli spiego che con un editore a pagamento non potevano aspettarsi di più, loro cadono dalle nuvole.
In principio fu l’orsacchiotto
Circa tre anni fa, quando avevo appena lanciato il mio nuovo sito di servizi editoriali fui contatta da un ragazzo che mi chiedeva se potevo promuovere (aggratis, ovviamente! ;-)) il suo romanzo.
Dopo avergli spiegato cosa potevo fare per lui e qual era il mio tariffario, gli chiesi di poter leggere almeno un estratto del libro.
Appena lo ricevetti non ebbi bisogno di fare chissà quali ricerche: il nome stampato in copertina era quello di un noto editore a pagamento (che qui chiamerò TizioCaio). Sfogliai comunque le prime pagine del volume, dove trovai numerosi refusi e frasi sconnesse. La cosa non mi sorprese affatto.
Risposi al giovane: «Prima di pensare a promuovere il tuo libro, dovresti farlo seriamente revisionare. Un libro scritto così, fosse anche la migliore storia del mondo, non riceverà mai recensioni positive.»
«Ma l’editing è stato già fatto dall’editore» replicò lui.
Ah, be’ allora… Chissà com’era prima! pensai io, ma mi trattenni e non lo dissi.
«Comunque io non promuovo libri pubblicati con editori a pagamento» aggiunsi.
«Editori a pagamento?» chiese il ragazzo dando i primi segni di nervosismo.
«Sì, TizioCaio con cui hai pubblicato tu è un editore a pagamento.»
«E che c’entra? Guarda che il mio libro è stato selezionato!» rispose lui, enfatizzando l’ultima parola.
«Da chi? Da TizioCaio?» purtroppo non riuscii a camuffare il tono sarcastico. Che ci volete fare, sono fatta così.
«Sì, certo!» esclamò il ragazzo ora evidentemente risentito. «Pensi forse che perché si paga, loro pubblichino chiunque?»
No, tesoro, no… Dormi, tranquillo… Continua a sognare. Se vuoi ti porto il tuo orsacchiotto… 😉
Pubblicare non è gratis
L’episodio dell’orsacchiotto è stato – purtroppo – solo il primo di una lunga serie. Molti autori ancora oggi non sanno la differenza tra Self Publishing ed editoria a pagamento e, cosa ancora peggiore, credono che sia normale pagare un editore per essere pubblicati.
Diciamo subito che pubblicare un libro non è MAI gratis. L’operazione di mettere in vendita il proprio libro nelle varie librerie online è sempre priva di costi, ma pubblicare un libro significa molto di più di creare un file e farne l’upload.
Pubblicare davvero un libro significa farne l’editing, la correzione di bozze, curarne l’impaginazione e la formattazione, convertirlo nei formati digitali richiesti, creare una copertina di qualità, scrivere un testo di quarta convincente, mettere in vendita il libro su tutti i canali possibili, e poi promuoverlo, cercando di farlo arrivare nelle mani dei lettori giusti e di riceverne recensioni positive per incrementare le vendite.
Tutto questo ha un costo. Ce l’ha per l’editore tradizionale e ce l’ha per un autore self.
Il rischio di impresa di un editore tradizionale
Tra i tanti manoscritti che riceve, l’editore tradizionale seleziona solo quelli per i quali crede valga la pena di investire le sue risorse perché pensa che potranno vendere bene e quindi creare un profitto.
Ogni libro per un editore significa costi molto alti, e tutti da anticipare, con profitti sempre dubbi e comunque futuri. Si chiama rischio di impresa ed è giusto che sia così. Ma, proprio per questo, è altrettanto giusto che le case editrici siano molto severe nella selezione dei manoscritti che intendono pubblicare.
Le case editrici sono aziende, non opere di carità!
Inoltre, gli editori acquisiscono i diritti sull’opera che pubblicano e trattengono per sé la maggior parte delle commissioni sul venduto.
Sono le regole del gioco: io editore investo i miei soldi sul tuo libro, lo perfeziono, lo rendo un vero prodotto editoriale, ma ne detengo i diritti e quando ci saranno delle vendite (perché ci saranno, ne sono sicuro, altrimenti…), allora io mi terrò la maggior parte dei guadagni perché in fondo i soldi ce li ho messi io, mica tu.
Il Self Publishing come autoeditoria
Per un autore self le cose stanno nello stesso modo: i costi per pubblicare il proprio libro sono certi e anticipati, mentre i guadagni sono incerti e tutti da conquistare.
L’autore self è dunque editore di se stesso: investe il proprio tempo e le proprie risorse sul proprio testo, perché ci crede e pensa che ne valga la pena.
Tuttavia, anche se lui come singolo autore non è un’azienda, deve affrontare il mercato editoriale con una mentalità imprenditoriale e capire quanto vale la pena investire sul proprio progetto, quali spese sono irrinunciabili e quali invece si possono rimandare, e così via.
>>>Per approfondire leggi I costi del Self Publishing <<<
Il termine Self Publishing viene normalmente tradotto come autopubblicazione, ma proprio per i discorsi che stiamo qui facendo, a mio avviso dovrebbe essere tradotto come autoedizione.
Fare Self-Publishing, infatti, non significa solo pubblicare i propri testi, ma anche e soprattutto curarne la preparazione prima di metterli in vendita e la loro promozione dopo averli pubblicati. Si tratta quindi di un percorso lungo e articolato che corrisponde esattamente al percorso che fa una casa editrice.
E l’Editoria a Pagamento?
Tra questi due estremi dell’editoria classica, che si assume il rischio di impresa scegliendo su quali testi puntare, e l’autore self che diventa editore di se stesso e investe sul proprio progetto, che posizione occupa l’Editoria a Pagamento?
Nessuna.
Una casa editrice a pagamento non fa nessun investimento, non si assume nessun rischio imprenditoriale.
Una casa editrice a pagamento affronta alcune voci di spesa come l’impaginazione, la copertina e la stampa (nei casi più fortunati anche una veloce correzione di bozze), ma è preventivamente coperta dal versamento dell’autore. Non ci sono quindi rischi economici per una EAP, e, anzi, ci sono guadagni certi.
In fondo la “pubblicazione” con un editore a pagamento non è altro che una stampa a caro prezzo.
I falsi miti dell’Editoria a Pagamento
Ma allora perché ancora tanti, troppi autori preferiscono pagare un editore per pubblicare i propri libri?
Prima di tutto perché gli EAP sono veloci nel rispondere alle richieste di un autore e sono molto bravi a solleticare il suo orgoglio di scrittore, tessendo le lodi del suo lavoro (leggi la divertente parafrasi della lettera-tipo che potresti ricevere da un EAP in questo post dello Specchio Magico). Non per nulla nei paesi anglosassoni l’editoria a pagamento è chiamata Vanity Press.
Soprattutto, però, perché purtroppo circolano ancora molte false credenze che spingono gli esordienti ingenui e gli sprovveduti a preferire la pubblicazione a pagamento alle altre strade possibili nel campo dell’editoria.
Ecco dunque i 5 falsi miti dell’editoria a pagamento.
1) Il falso mito dell’autorevolezza
Molti autori rifiutano a priori l’opzione del Self Publishing perché pensano che il Self Publishing sia da “sfigati” e che solo avere il nome di un editore in copertina dia autorevolezza al libro.
Capisco l’aspirazione a essere pubblicati da un editore famoso: è un’aspirazione diffusa e legittima. È pregevole anche il lavoro di tantissime case editrici medie e piccole che fanno il loro lavoro in modo onesto.
Se dunque vuoi a tutti i costi che il tuo libro abbia il nome di un editore in copertina, allora rimboccati le maniche e mettiti alla ricerca di un editore serio, che apprezzi il tuo testo e lo scelga.
Ma stai attento, perché non tutti i nomi sono uguali e un libro pubblicato con un editore a pagamento nella maggior parte dei casi non sarà accettato dai blogger per essere recensito perché porta con sé la nomea di prodotto scadente e non etico.
2) Il falso mito del contributo alle spese
Molti autori accettano le proposte delle case editrici a pagamento perché pensano che sia normale che un autore contribuisca alle spese di pubblicazione del proprio libro.
Se dunque anche tu credi che tutte le case editrici chiedano soldi agli autori, sappi che non è così.
Un vero editore non ti chiede un “contributo” alle spese. Un vero editore investe i suoi soldi sul tuo libro, non ti chiede i tuoi.
Un vero editore investe i suoi soldi sul tuo libro, non ti chiede i tuoi.
Un vero editore investe i suoi soldi sul tuo libro, non ti chiede i tuoi.
L’idea del “contributo alle spese” è solo un eufemismo per dirti che tu stai pagando tutto ciò che serve per stampare alcune centinaia di copie del tuo libro (impaginazione , copertina, stampa) e garantire anche un guadagno certo all’editore.
Che però non fa nulla di quello che dovrebbe fare un editore, e al massimo dovrebbe essere chiamato stampatore.
3) Il falso mito della professionalità
Gli autori che firmano i contratti con le case editrici a pagamento vengono lusingati dalle lodi che l’editore spende per il loro testo (qui sì che “spende”, tanti gli elogi sono gratis!), senza considerare che l’editore a pagamento spesso e volentieri i libri che “pubblica” non li legge nemmeno perché tanto lui li deve solo stampare e farseli pagare profumatamente dall’autore.
Gli autori pensano quindi di avere scritto il capolavoro del secolo e non capiscono invece che ogni testo ha bisogno di uno sguardo critico, di una revisione o, almeno, di una correzione di bozze.
Alcuni editori a pagamento promettono di svolgere editing e correzione di bozze, ma in realtà non lo fanno o lo fanno male. La copertina in genere è una copertina dalla grafica standard, sempre uguale per tutti i libri pubblicati dall’editore, con immagini di scarsa qualità ma soprattutto con una composizione grafica datata e amatoriale.
Il prodotto così confezionato è poco di più di quello che era il manoscritto originale dell’autore e non ha nulla della cura professionale che dovrebbe avere un libro per poter competere con gli altri titoli nell’agguerrito mercato editoriale.
4) Il falso mito della promozione
«Vabbè, il libro non sarà stato corretto e revisionato, magari la copertina non è un gran che, e ho dovuto sborsare un sacco di soldi, ma l’editore mi ha promesso che mi porta al Salone del Libro!»
La promessa di una promozione su scala nazionale è un altro specchietto che attira gli autori nelle spire degli editori a pagamento. Ma anche questo è un falso mito.
In effetti, se l’editore è grosso, cioè se stampa molti libri e quindi guadagna molti soldi dai contratti che fa firmare agli autori, è probabile che possa permettersi i costi di una presenza nelle fiere più importanti del settore editoriale, come il Salone del Libro o Più libri più liberi.
In realtà, però, essere presente alle fiere è un investimento pubblicitario che l’editore a pagamento fa per trovare sempre nuovi autori disposti a pagare per vedere pubblicati i propri libri. Quindi lo stand al Salone del Libro molto probabilmente ci sarà, è vero, ma con lo scopo di farsi conoscere dai prossimi autori-clienti e non per promuovere i libri già pubblicati presso giornalisti e lettori.
Al di là di questa presenza alle fiere, con scopo autoreferenziale, gli editori a pagamento in genere non mettono in atto nessuna strategia di promozione editoriale per i titoli del loro catalogo. Non diramano comunicati stampa, non cercano di ottenere recensioni dai blog letterari, non organizzano presentazioni letterarie. Niente.
Se l’autore vuole promuovere il proprio libro e sperare di venderne qualche copia, si deve arrangiare.
E del resto, perché mai l’editore dovrebbe impegnarsi a fare promozione di libri che ha già venduto?
Il guadagno dell’editore a pagamento sta nel contratto con l’autore, non nelle vendite ai lettori.
Il guadagno dell’editore a pagamento sta nel contratto con l’autore, non nelle vendite ai lettori.
Il guadagno dell’editore a pagamento sta nel contratto con l’autore, non nelle vendite ai lettori.
Una volta che l’editore è già rientrato delle spese di impaginazione e stampa e ci ha pure guadagnato bene grazie al “contributo” dell’autore, che stimolo o interesse potrebbe avere nel promuovere un testo del cui valore non è certo neppure lui?
5) Il falso mito della distribuzione
E infine veniamo al mito della distribuzione. Molti autori scelgono di pubblicare con una casa editrice a pagamento perché gli editori promettono che il loro libro sarà fisicamente presente in tutte le librerie d’Italia. Allora, alla sola idea di vedere il proprio libro esposto sugli scaffali di Mondovì e di Cantù, l’autore gonfia il petto (e l’ego) e firma il contratto.
Bene. Cioè, no: male.
Hai controllato se davvero i libri della casa editrice che ti sta proponendo un contratto così generoso sono realmente presenti in qualche libreria della tua città? Ebbene, c’è chi l’ha fatto per te e ha dimostrato che in più del 90% dei casi (per non dire più del 96%, qui sono buona e arrotondo alla decina) i libri delle EAP non sono presenti in libreria.
Certo, mi si potrà obiettare che però i libri sono ordinabili e qualsiasi librario in pochi giorni li può avere. Sì , è vero. Ma questo è vero anche per tutti i libri autopubblicati in formato cartaceo su Amazon KDP.
Ogni libreria e ogni singolo utente possono acquistare il tuo libro in formato cartaceo direttamente da Amazon.
Perché dunque dovresti scegliere un editore a pagamento se la distribuzione che lui ti offre non è migliore di quella che puoi ottenere da solo con il Self Publishing?
Sfatati dunque questi 5 miti, se gli editori a pagamento non selezionano i testi, non ne curano la revisione, non li distribuiscono, non li promuovono e non si assumono nemmeno il rischio economico della pubblicazione, perché continuiamo a chiamarli editori?
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Perché il Self Publishing è (molto) meglio dell’Editoria a Pagamento
Alla fine di tutto questo discorso dovrebbe già risultare chiaro perché pubblicare con un editore a pagamento sia una scelta sciocca, la peggiore scelta che un autore possa fare.
Pubblicare con una casa editrice a pagamento non è pubblicare. Non è editoria.
Tuttavia, se il discorso teorico non fosse stato fin qui abbastanza chiaro, facciamo un po’ di matematica.
Per pubblicare con un editore a pagamento un autore spende una cifra che va dai 1000 ai 2000 euro, con qualche raro caso più economico e qualche caso più dispendioso.
Cosa ottiene a fronte di questa spesa?
Ottiene l’impaginazione del testo, una copertina di scarsa qualità e la stampa – certa – solo delle copie che vengono spedite a lui. Il numero delle copie varia da contratto a contratto, ma in genere va dalle 50 alle 100.
Cosa non è compreso in questa spesa?
Firmando un contratto con un editore a pagamento un autore NON ottiene la revisione del testo (forse al più una veloce correzione di bozze), NON ottiene l’effettiva presenza del suo libro nelle librerie, NON ottiene supporto alla promozione. Al contrario, si vede preclusa la possibilità di promuovere il proprio testo in numerosi blog e forum, proprio perché pubblicato a pagamento.
Inoltre cede i propri diritti d’autore, quindi sulle eventuali copie vendute guadagnerà una percentuale molto bassa (inferiore al 10%), e spesso concede all’editore anche la prelazione per opere future. Infine non ha nessuno strumento per controllare effettivamente il numero di copie stampate e vendute.
Scegliendo invece la strada del Self Publishing, con la stessa cifra un autore può ottenere molto di più.
Può ottenere la revisione accurata del testo, commissionare una copertina di qualità, curare l’impaginazione, pubblicare il libro in tutte le librerie online sia in formato ebook che in formato cartaceo, assicurandosi quindi che il proprio volume possa essere ordinato da qualsiasi libreria.
Attraverso un servizio di Print on Demand l’autore self può stampare le proprie copie personali, pagandole a prezzo di costo e non certo a prezzo di copertina, e il suo libro può esser recensito e promosso in ogni blog e forum.
Inoltre, cosa più importante, l’autore indipendente mantiene i diritti sulle proprie opere, guadagna fino al 70% su ogni copia venduta, e ha il controllo totale sul numero di copie stampate e vendute.
Ecco perché il Self Publishing è meglio dell’editoria a pagamento. Molto, molto meglio.
Per approfondire
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GiuseppeCot
Posted at 18:49h, 08 DicembreCiao, complimenti ottimo articolo, condivido in pieno e rilancio con una richesta per un consiglio. O un’idea per un romanzo (ancora in fase di progettazione) e, vivendo in Inghilterra da diversi anni, mi trovo davanti ad un dilemma: meglio scrivere in inglese o in italiano? Ovvero, esiste un modo per accedere ad un editore serio per via classica tramite agente/contatto diretto? I dettagli qui sotto.
Ho esperienza di scrittura (accademica) in inglese ma, non essendo madrelingua, non sono in grado di sfruttare la lingua nella sua pienezza (es. i termini di origini latini sono per me piu’ intuitivi ma inadatti ad un personaggio popolare perche’ considerati aulici in inglese). Navigando su internet c’e’ consenso sul fatto che in Inghilterra la strada della pubblicazione tradizionale (tramite agente letterario) e’ tanto affidabile quanto quella del self-publishing (il vanity publishing, come dici tu stessa, non e’ neanche accennato) tant’e’ che Rowling riusci ad uscire dalla poverta’ grazie ad un agente letterario che intui’ le potenzialita’ di Harry Potter.
Naviganto nell’internet italiano ho incontrato una confusione enorme. C’e’ chi inneggia al vanity publishing come un’opzione, chi suggerisce di approcciare un editore direttamente (cosa che gli inglesi caldamente sconsigliano) e pochi indicano l’agente come un mezzo per accedere agli editori. In poche parole, in Italia una strada per essere notato da un editore serio sul modello inglese esiste? Oppure gli unici ad essere pubblicati in questo modo in Italia sono quelli gia’ affermati che tanto un contratto lo trovano comunque (e quindi una Rowling italiana non puo’ esistere per definizione)?
Per inteso, ho visto i termini e le condizioni di Amazon UK per il self-publishing e non mi piacciono per nulla: “un libro troppo corto o troppo lungo sara’ scartato” (senza definire cosa e’ lungo e cosa e corto) o “scene di nudo non sono ammesse” (ma a che livello? Se il nudo e’ uno strumento narrativo e non semplice fornicazione e’ anche una violazione?). Queste (e altre) condizioni mal specificate mi han dato un po’ l’idea che in Inghilterra questa sia una strada ideale per la letteratura di serie B che non sarebbe mai approvata da un agente/editore. Qual e’ la strada tipica per la pubblicazione in Italia da parte di un esordiente (escluso vanity publishing) ?
Scusa la logorrea, ma visto che il tuo sito e’ il piu’ chiaro e dettagliato che ho incontrato, una tua opinione mi aiuterebbe molto a prendere una decisione sulla lingua in cui scrivere. Grazie!
Libroza
Posted at 20:52h, 11 DicembreCiao Giuseppe,
le differenze tra il mercato anglofono e quello italiano sono enormi e tu le hai già evidenziate benissimo.
Il mercato in lingua inglese non ha pregiudizi nei confronti dei libri self, ma per contro è un mercato più agguerrito e più vasto, in cui ci sono molti più competitor.
In Italia, invece, proprio perché il mercato del Self Publishing è agli inizi, sicuramente paga lo scotto di qualche pregiudizio, ma d’altra parte è un mercato tutto da conquistare.
Io non mi occupo di editoria tradizionale, quindi non seguo editori/agenti letterari e le dinamiche tra questi. Posso però dirti che anche in Italia ormai il Self Publishing è una strada scelta con consapevolezza da tanti autori, una strada, cioè, intrapresa per precisa volontà e non solo come ripiego per non aver trovato “di meglio”.
Io consiglio il Self Publishing proprio perché permette di essere in vendita in tempi rapidi – a volte perfino rapidissimi – e soprattutto permette di mantenere il controllo su ogni fase della “filiera” del libro.
Tanto poi, lo sappiamo, a meno che uno non sia pubblicato dai grandi editori (ma devono essere proprio grandi!), tutto si gioca sul terreno della promozione editoriale e allora a quel punto si vede chi sa fare meglio. Spesso infatti gli autori cercano a tutti i costi di essere pubblicati da un editore solo per prestigio, ma poi restano delusi dalla completa mancanza di supporto nella promozione da parte della casa editrice.
Quindi, per come la vedo io, se bisogna comunque rimboccarsi le maniche per farsi conoscere dal pubblico e far leggere il proprio libro a nuovi lettori, perché aspettare mesi (o addirittura anni) per essere pubblicati e poi lasciare all’editore gran parte dei guadagni?
Questa è ovviamente solo la mia opinione, ma tieni presente che in tutto questo discorso per me le uniche due opzioni tra le quali scegliere sono il Self Publishing da una parte e l’editoria tradizionale dall’altra. L’editoria a pagamento non è nemmeno considerata perché non è un’opzione. È solo un’esca – costosa – per allocchi vanitosi.
GiuseppeCot
Posted at 13:48h, 13 DicembreCiao Carme, grazie molto per la risposta molto dettagliata!
Indubbiamente i vantaggi del self publishing sono a me chiari: completa liberta’ di promuovere il proprio lavoro, limitate imposizioni editoriali (es. magari un nome di un personaggio e’ entipatico, presumo) ecc. E’ decisamente una strada da intraprendere, soprattutto per le persone a cui piace gestire la cosa da se’ e se uno e’ bravo sia a scrivere che ad autopromouversi ha la possibilita’ di farsi conoscere piu’ che per canali tradizionali ed e’ un modo per introdurre un po’ di “entropia” nel mercato editoriale, in quanto uno sconosciuto puo’ farsi strada tra “quelli grossi” un po’ come succede con i blog ed altri prodotti editoriali. Questi sono i vantaggi, per quello che ho capito io.
Lo svantaggio, almeno nel mio caso, e’ che questa strada verrebbe a costare molto del mio tempo e, considerando che l’idea di questo li’bro la sto portando avanti nel tempo libero del tempo libero, potrebbe non essere un’opzione molto adatta per me al momento.
La domanda era piu’ rivolta ai metodi classici per pubblicare in Italia, e, soprattutto, se gli agenti letterari vengano usati come mezzo oppure no, visto che in Inghilterra sembra rappresentino l’ingresso tipico per qualsiasi casa editrice, piccola o grande che sia.
Comunque sia, ho le idee piu’ chiare adesso, ti ringrazio moltissimo e in bocca al lupo per il tuo sito, veramente ben dettagliato!
Libroza
Posted at 13:06h, 20 DicembreCome ti ho detto io non mi occupo di editoria tradizionale, ma per quella che è la mia opinione qui in Italia gli agenti letterari hanno un grande peso solo con i grandi autori. Nel vasto e variegato sottobosco editoriale, invece, c’è ancora molto spazio per un contatto diretto tra autore ed editore.
Per quanto riguarda la tua considerazione sul tempo, confermo che fare tutto da soli ne richiede tanto, ma spesso gli autori pensano che affidandosi a una casa editrice poi non dovranno fare più niente perché l’editore farà tutto al posto loro.
E invece non è così. A meno che non si tratti di un grande nome che pubblica con un grande editore, tutti gli altri autori devono comunque rimboccarsi le maniche e spendere il loro tempo e le loro energie (e spesso anche le loro risorse) per fare promozione.
In bocca al lupo a te per il tuo libro!