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5 motivi per cui nei romanzi non servono spiegazioni

nei romanzi non servono spiegazioni

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Uno degli errori più frequenti che riscontro nei romanzi degli autori alle prime armi è quello di confondere il concetto di spiegare con quello di narrare.

Se sei un autore di libri non-fiction, cioè di saggi o di manuali, il tuo obiettivo sarà proprio quello di spiegare: spiegare ai tuoi lettori come si fa una certa cosa o spiegare le tue opinioni.

Se però sei un autore di libri di fiction, cioè romanzi o racconti, allora il tuo obiettivo deve essere quello di raccontare una storia e, attraverso di essa, trasmettere emozioni o stimolare riflessioni.

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Come vedi sono due cose molto diverse.

Questo significa che ogni genere letterario richiede una tecnica di scrittura specifica o per lo meno una riflessione iniziale per definire lo scopo della scrittura.

Ogni genere letterario richiede una tecnica di scrittura specifica.

La (giusta) distanza tra autore e lettore

Quando scrive la sua storia, l’autore ha perfettamente in testa tutto quello che accade, cosa deve succedere in quella scena e cosa no, quali sono le emozioni che i suoi personaggi stanno provando in quel momento e cosa devono fare in seguito.

In questo senso l’autore è onnisciente, perché sa tutto sulla trama e sui personaggi. Non solo sa tutto ciò che è accaduto prima della scena che il lettore sta leggendo in quel momento, ma sa anche ciò che accadrà in futuro.

L’autore sa quello che il lettore ancora non sa.

La sua visuale sulla storia è quindi molto diversa da quella del lettore ed è giusto che sia così.

Quando legge un libro, infatti, un lettore non ha bisogno né vuole sapere tutto prima, anzi! Se sapesse tutto fin dall’inizio, che interesse avrebbe a leggere la storia? E che interesse avrebbe perfino a comprare il libro?

Al lettore piace scoprire le cose strada facendo, seguire i personaggi nel loro sviluppo e osservarli mentre agiscono nella storia per farsi un’idea su di loro.

L’autore è onnisciente. Il lettore scopre la storia e i personaggi a poco a poco.

Non è raro, infatti, che un lettore si faccia un’idea su un personaggio all’inizio del libro e poi la cambi nel corso della lettura, giungendo perfino a posizioni del tutto opposte, proprio perché all’inizio della storia non sapeva ciò che sarebbe successo o ciò che il personaggio avrebbe fatto e non aveva quindi tutti gli elementi per valutarlo.

È questo il bello e proprio in questo sta il gioco della narrazione.

A volte però capita che l’autore, rendendosi conto che il lettore ne sa meno di lui, voglia in un certo modo colmare la distanza perché pensa che alcune informazioni siano proprio necessarie affinché il lettore capisca e interpreti al meglio una scena.

Questo è un errore.

L’autore non può imporre al lettore la propria interpretazione di una scena o di un personaggio.

Se durante la stesura dei tuoi libri anche a te, come autore, è capitato di arrivare ad un certo punto della storia, o a una scena precisa, e di pensare che dovevi proprio dare alcune informazioni perché altrimenti il lettore non avrebbe capito, sappi che sei incappato in uno degli errori più comuni: confondere l’obiettivo della narrazione con quello della spiegazione.

È vero che Manzoni ne I Promessi Sposi si dilunga in spiegazioni a volte molto lunghe e articolate, vere e proprie digressioni storiche come quella sulla peste o quella sulle gride dei bravi, ma Manzoni ha scritto il suo romanzo ormai quasi due secoli fa, in un contesto culturale e letterario molto diverso da quello odierno.

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I Promessi Sposi, infatti, sono stati pubblicati inizialmente come un romanzo d’appendice, e come tale si rivolgevano a un pubblico assai ristretto, costituito da chi sapeva leggere e poteva permettersi di acquistare libri o riviste, che non disdegnava e perfino auspicava un certo intento educativo e didattico dei testi.

Oggi il pubblico è molto cambiato e le sue necessità di fronte a un testo di fiction sono di puro svago e intrattenimento. Se il lettore vuole imparare compra un manuale, non un romanzo.

Se il lettore vuole imparare compra un manuale, non un romanzo.

Del resto, se I Promessi Sposi sono arrivati fino ai nostri giorni, non è per le digressioni, ma perché hanno una struttura narrativa solida, personaggi approfonditi e sfaccettati, una trama avvincente: ci sono i due innamorati che vogliono sposarsi, il cattivo che glielo impedisce, una serie di ostacoli da superare, sottotrame in abbondanza e, in ultimo, il lieto fine. Non manca davvero nulla.

5 motivi per cui nei romanzi non servono spiegazioni

Cadere nella tentazione di inserire spiegazioni nei tuoi romanzi per dare ai lettori dettagli sui tuoi personaggi, o i retroscena della storia, è un errore per almeno 5 motivi:

1. Le spiegazioni rompono il patto narrativo

Se la storia è raccontata in prima persona, infatti, è il personaggio stesso che si racconta. Come può l’autore inserirsi e prendere la parola senza rompere questa finzione?

Se la storia è raccontata in terza persona, allora c’è un narratore (interno o esterno) che racconta al lettore la vicenda, ma anche in questo caso l’inserimento a gamba tesa dell’autore con le sue osservazioni infrange il meccanismo di immersione nella storia o perfino di immedesimazione in un personaggio da parte del lettore, tanto faticosamente conquistato con la scrittura dei capitoli precedenti.

È come quando vai al cinema a guardare un film horror e sul più bello, ti giri a guardare gli spettatori seduti accanto a te: in quel momento esci dalla storia, ti rendi conto che è solo una finzione e non hai più paura.

Ora, se un lettore vuole uscire dalla storia per qualsiasi motivo e ricordarsi che si tratta solo di finzione, lo può certamente fare. Ma non ha proprio senso che sia tu, autore, a buttarlo fuori dalla sala. Non credi?

2. Le spiegazioni interrompono il fluire della storia

Interrompere una scena per spiegare alcuni dettagli o raccontare ciò che a tuo avviso è necessario alla comprensione di ciò che sta accadendo, blocca il flusso della narrazione e distoglie il lettore dalla trama, che invece è l’unica cosa su cui dovrebbe focalizzarsi.

3. Non sempre serve spiegare

A volte gli autori pensano di dover inserire nel testo in modo esplicito tutti i dettagli  per far capire chi sono i personaggi, come sono fisicamente e caratterialmente, cosa fanno e cosa pensano, quali sono tutti gli avvenimenti della loro infanzia, e poter così fornire al lettore un carattere ben preciso.

Invece non sempre serve spiegare tutto.

Pensa alla vita vera. Quando conosci una persona nuova non sai subito tutto su di lei, eppure ti fai una prima opinione e la frequenti. A poco a poco la vostra conoscenza può crescere, tu scopri nuovi dettagli che possono confermare la tua prima idea o fartela cambiare radicalmente.

Bene, anche nei romanzi è (e deve essere così): il lettore conosce un personaggio all’inizio della storia, se ne fa una prima idea, poi a poco a poco scopre nuovi dettagli e informazioni e alla fine può trovarsi ad aver rafforzato o cambiato del tutto la propria opinione iniziale. Il lettore conosce un personaggio gradualmente e senza bisogno di sapere qual è il suo numero di scarpe o il suo colore preferito.

L’autore deve sapere tutto del suo personaggio all’inizio della storia, il lettore no.

4. Il lettore non è stupido

Se pensi che la tua scena abbia bisogno di essere interrotta per inserire proprio quelle informazioni, perché altrimenti il lettore non capirà, allora stai implicitamente pensando che il tuo lettore è uno stupido, o che non ha il bagaglio di conoscenze necessarie per affrontare la tua storia e capirla fino in fondo.

Se le spiegazioni che tu vuoi dare sono spiegazioni tecniche o specialistiche, ovviamente ci saranno lettori che sanno già ciò che tu vuoi spiegare e lettori che invece non hanno quelle conoscenze. Facendo il maestrino e spiegando tutto passo passo, però, tu tratti tutti i tuoi lettori come degli stupidi, perché dai per scontato che nessuno di loro sappia e soprattutto che non abbiamo le capacità o la curiosità di andare a cercare o approfondire altrove quegli argomenti.

5. La scena deve spiegarsi da sé

Se quelle che vuoi dare non sono spiegazioni tecniche o specialistiche, ma dettagli sui personaggi o retroscena della loro vita, allora non dovresti proprio avere bisogno di fermarti nel bel mezzo di una scena per puntualizzarli perché avresti dovuto dare al lettore tutti gli elementi per arrivare preparato a quel punto della storia.

Se la scena non è comprensibile in tutti i suoi aspetti, vuol dire che la narrazione nelle pagine precedenti non è completa e funzionale.

In questo caso, quindi, la tua necessità di spiegare tende a colmare una tua mancanza (di progettazione narrativa) e non una mancanza (di conoscenze) del lettore.  

La scena deve spiegarsi da sé. Se c’è bisogno di puntualizzare, vuol dire che nelle pagine precedenti manca qualcosa.

Come evitare l’errore di inserire spiegazioni nei romanzi

Tutto questo non significa che nei romanzi non ci possano essere delle lezioni o una morale finale. Anzi. I Promessi Sposi, tanto per tornare al nostro esempio, la morale finale ce l’hanno eccome, scritta nero su bianco.

Anche la narrativa contemporanea può veicolare temi, riflessioni e perfino opinioni personali, ma lo fa in modo implicito.

Evita dunque come prima cosa di usare espressioni del tipo «Come tutti sanno…» o, peggio «Come tutti voi sapete…» e le loro varianti.

Se poi vuoi comunicare il tuo punto di vista all’interno di un romanzo, scegli un personaggio che faccia da portavoce alle tue idee e affida a lui, tramite quello che dirà e a come si comporterà, il compito di dimostrarle. A quel punto non sarai tu come autore a spiegare, ma il personaggio.

Cerca di fare in modo che il personaggio-portavoce possa tirare fuori le informazioni che ti stanno a cuore in modo spontaneo e naturale all’interno della storia, e non come sermoni dal pulpito, altrimenti non hai risolto un gran che.

Chiediti per esempio:

  • Cosa può succedere nella storia affinché il mio personaggio-portavoce ricordi l’informazione che io voglio dare, in modo che la possa tirare fuori?
  • Cosa possono dire o fare gli altri personaggi affinché il mio personaggio-portavoce sia spinto a dare loro queste spiegazioni?

Il risultato però deve essere fluido e naturale. Le informazioni che tu tieni tanto a dare devono essere inserite nel testo in modo che siano coerenti e credibili rispetto a quello che i personaggi stanno dicendo o facendo.

Evita soprattutto di trasformare i dialoghi in freddi scambi di notizie tra personaggi!

Ogni informazione che spezza il ritmo della narrazione e risulta inserita a forza come una didascalia, va tolta.  Semplicemente.

Facendo attenzione a questo aspetto, ti renderai conto che la maggior parte delle spiegazioni che vorresti dare nel tuo romanzo possono essere inserite come elementi della narrazione facendo agire i personaggi. E di quelle che restano, molte possono essere eliminate perché non necessarie.

Del resto, se nel corso della storia il tuo personaggio-portavoce non trova mai occasione di affrontare un determinato discorso, evidentemente non è così vitale per lo sviluppo della trama.

Se poi si tratta solo della tua opinione in merito a ciò che succede nella scena, be’, allora tanto meno: non è necessaria nella storia e al lettore non interessa.

Il lettore vuole farsi una propria opinione sui fatti, non leggere la tua.

Il lettore vuole farsi una propria opinione sui fatti, non leggere quella dell'autore.

Ricordati dunque che come autore di romanzi il tuo scopo non è spiegare né convincere. Il tuo scopo è raccontare una storia.

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Risorse Utili

5 Comments
  • Les-Anges-Du-Ciel
    Posted at 15:48h, 30 Maggio

    Il mio problema è che forse non spiego proprio niente, e temo che il lettore, da solo, non ci arrivi. Non per questo, però, mi metto a spiegare. Lo facevo prima e mi sono resa conto che appesantivo troppo la narrazione. Ora però non vorrei che fosse troppo criptica 😉

    • Libroza
      Posted at 01:13h, 01 Giugno

      Aver paura che il lettore non capisca è un errore in cui incorriamo tutti all’inizio. Se però adesso, per contrasto, sei diventata troppo criptica, lo decideranno i tuoi lettori. Ti assicuro che se non capiranno cosa volevi dire, te lo faranno notare! 😉

  • Fabrizio Pelli
    Posted at 16:42h, 12 Agosto

    Salve Carmen,
    Seguo sempre i suoi fantastici articoli qui sul blog e i video sul canale YouTube. Ho diciannove anni e il sogno nel cassetto di diventare scrittore. Per ora scrivo due ore al giorno fra poesie e racconti. Non mi sono ancora cimentato nel “romanzo” perché ammetto che mi spaventa e preferirei fare un po’ di gavetta con narrativa breve prima di iniziare con qualcosa di più ampio.
    Nei miei scritti tendo a raccontare molto quello che pensano i personaggi o quello che provano o, ancora, i processi mentali che li portano a compiere determinate azioni. La mia paura però, é che questo possa “sembrare” una spiegazione.

    Con “spiegazione” cosa si intende di preciso?
    Ad esempio “la peste bubbonica è una malattia di origine batterica… etc” é una spiegazione, ma raccontare come reagisce un personaggio alla paura della peste non è spiegazione, giusto?
    Scusi la domanda stupida. Spero comprenda un po’ di sana insicurezza.
    Grazie e buona giornata!
    Fabrizio

    • Libroza
      Posted at 16:11h, 13 Agosto

      Ciao Fabrizio,
      innanzitutto ti ringrazio per essere passato di qui.
      Per “spiegazione” si intende proprio rendere esplicite tutte le motivazioni dei gesti e dei pensieri dei personaggi. Se spieghi troppo il lettore si infastidisce. Quindi, per restare nel tuo esempio, metti in scena COSA fa il tuo personaggio per paura della peste, fagli pure esprimere qualche pensiero, ma non spiegare le ragioni del suo agire, le leve emotive profonde che lo muovono. Non fare lo psicologo o, peggio, lo psicoanalista dei tuoi personaggi.
      Lascia al lettore la libertà (e anche il gusto) di immaginare e di interpretare le motivazioni dei tuoi personaggi.

  • Fabrizio
    Posted at 16:48h, 15 Agosto

    Grazie mille!!